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Odontoiatria digitale: gli scanner intraorali

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Scansione ottica con scanner Cerec Omnicam (Sirona, Bensheim, Germany).
D. Augello, T. Weinstein, F. Scutellà

D. Augello, T. Weinstein, F. Scutellà

mer. 12 aprile 2017

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Il recente sviluppo delle tecnologie digitali ha prodotto una vera e propria rivoluzione in tutte le discipline odontoiatriche. La radiografia digitale rappresenta l’emblema di questo processo, avendo ormai soppiantato le tecniche radiografiche analogiche. Insieme ad altri strumenti, tra cui gli scanner intraorali, extraorali e facciali, la CBCT, i software CAD/CAM, la chirurgia computer guidata, la stereolitografia e il 3D-printing, stanno cambiando il modo i cui vengono trattati i pazienti.

L’idea di utilizzare le tecnologie digitali in ambito dentale risale ai primi anni Settanta, quando il dr. Francois Duret pensò di poter utilizzare il laser per rilevare le impronte e preparare i manufatti protesici. Nei trent’anni che seguirono le ricerche, si concentrarono principalmente su questa applicazione delle tecnologie digitali, la possibilità appunto di produrre i manufatti protesici direttamente in studio, lo stesso giorno del rilevamento delle impronte.
La tecnica CAD/CAM è basata su tre momenti principali: l’acquisizione e l’elaborazione digitali dei dati; la progettazione digitale del manufatto (computer aided design); e la fabbricazione fisica dello stesso (computer aided manufacturing)3.

Gli scanner intraorali
Gli scanner intraorali sono scanner 3D, ossia dispositivi che analizzano un oggetto raccogliendo dati su forma, dimensioni e colore. Da questi dati è possibile ricavare un modello 3D dell’oggetto esaminato.
Gli scanner 3D possono essere classificati in dispositivi con contatto (digitalizzatori) e senza contatto. I digitalizzatori 3D sono dotati di una sonda, tipicamente un puntale, che tocca fisicamente l’oggetto da acquisire. Sono gli scanner più precisi ma non utilizzabili in campo dentale.
I dispositivi senza contatto, tra cui rientrano gli scanner intraorali, utilizzano sostanzialmente una rilevazione ottica del modello: emettono onde elettromagnetiche e ne analizzano la riflessione sulla superficie dell’oggetto in esame.
Al momento dell’acquisto di uno scanner intraorale occorre valutarne le caratteristiche. Innanzitutto bisogna considerare due parametri matematici fondamentali: l’accuratezza e la risoluzione.
L’accuratezza di uno strumento di misurazione è definita da due variabili: la trueness, traducibile come “esattezza/veridicità”, ossia la concordanza tra la misurazione e l’oggetto misurato; e la precision, la “precisione”, ovvero la concordanza tra diverse misurazioni di uno stesso oggetto.
Uno scanner ideale dovrebbe essere sufficientemente esatto quanto preciso, per produrre un modello affidabile, sia esso digitale che fisico, su cui realizzare i manufatti protesici dal sigillo marginale adeguato. A tal riguardo la letteratura attuale ritiene accettabile un gap marginale fino a 120 micron5,6. La letteratura riguardante l’accuratezza degli scanner intraorali è fiorente e promettente, anche se la trueness, al contrario della precision, non viene valutata da studi in vivo ma solo da valutazioni di laboratorio. Quel che emerge è un’accuratezza soddisfacente dell’impronta ottica, ottenuta con i principali scanner presenti sul mercato per la realizzazione di corone singole e ponti fino a quattro elementi2,7. Per riabilitazioni più estese, al contrario, non possiamo, a oggi, considerarla sufficientemente accurata1.
Per quanto riguarda la risoluzione, ossia la capacità di riprodurre con precisione i dettagli, tutti i dispositivi presenti sul mercato possiedono un elevato potere risolutivo.
Occorre in secondo luogo considerare alcuni aspetti clinici. Innanzitutto, l’opportunità di utilizzare della polvere opacizzante perché lo scanner riesca a catturare fedelmente un’immagine. I problemi legati all’utilizzo delle polveri opacizzanti consistono nella difficoltà di distribuire uniformemente la polvere stessa e nel disagio che può recare al paziente la sua applicazione.
Proprio per questo la maggior parte dei dispositivi presenti oggi sul mercato non richiede l’applicazione di polvere, al contrario di quanto succedeva qualche tempo fa dove era invece una costante.

Altri aspetti clinici da considerare sono la possibilità di ottenere immagini a colori, significative soprattutto nella comunicazione con il paziente, le dimensioni del manipolo, che permettano di raggiungere tutte le aree del cavo orale, e la velocità di scansione. Per quanto riguarda questo ultimo aspetto si consideri che ogni tecnica ha una propria curva di apprendimento e che, di conseguenza, la velocità di esecuzione dell’impronta dipende in gran parte dall’esperienza del clinico.
Da ultimo occorre valutare gli aspetti economici. Molti studi evidenziano miglioramenti in termini di efficienza delle procedure di rilevamento delle impronte, con riduzione dei tempi alla poltrona e dei costi e miglior comfort per il paziente.
D’altra parte a oggi gli scanner intraorali sono strumenti costosi; perché valga la pena investire tanto denaro occorre utilizzarli a 360 gradi nella propria pratica clinica, partendo dalla diagnosi e comunicazione con il paziente.
Un’importante distinzione tra le sistematiche presenti sul mercato è tra sistemi aperti, che generano file in formato libero .stl utilizzabili da qualunque software, e sistemi chiusi, che producono file in formato proprietario decifrabili solo da software dedicati. Il vantaggio dei sistemi aperti è la versatilità e il potenziale abbattimento dei costi, non essendo necessario acquistare specifici software né pagare per ottenere file in formato .stl.
D’altra parte gli scanner che generano file proprietari sono generalmente prodotti da aziende che offrono dispositivi integrati per la gestione di tutta la produzione CAD/CAM con notevole semplificazione del flusso di lavoro (Figg. 1, 2).

Conclusione
Gli scanner intraorali possono potenzialmente rendere l’odontoiatria protesica qualitativamente migliore, eliminando i problemi legati alle tecniche tradizionali di presa dell’impronta e permettendo di valutare in tempo reale la qualità dell’impronta e la preparazione dei monconi, e più semplice ed efficiente, con riduzione sia dei costi sia dei tempi operativi alla poltrona. Bisogna poi considerare il punto di vista del paziente e il disagio che spesso comporta la rilevazione tradizionale fisica dell’impronta.
Gli scanner intraorali consentono indubbiamente di risolvere quest’ultimo problema, oltre a rappresentare un potente strumento di marketing e comunicazione.

Bibliografia
1. Ender, A., & Mehl, A. (2013). Accuracy of complete-arch dental impressions: a new method of measuring trueness and precision. J Prosthet Dent , 109 (2), 121-8.
2. Ender, A., Zimmermann, M., Attin, T., & Mehl, A. (2016). In vivo precision of conventional and digital methods for obtaining quadrant dental impressions. Clin Oral Investig , 20 (7), 1495-504.
3. Hack, G. D., Bloom, I. T., & Patzelt, B. M. (2015). Digital Impressions. In R. Masri, & C. Driscol, Clinical Applications of Digital Dental Technology (p. 27-40). WILEY Backwell.
4. Hack, G., Bloom, I., & Patzelt, S. (2014). Digital Impressions. In R. Marsi, & C. Driscoll, Digital applications of digital dental technologies (p. 27-39). Wiley Blackwell.
5. Iwai, T., Komine, F., Kobayashi, K., Saito, A., & Matsumura, H. (2008). Influence of convergence angle and cement space on adaptation of zirconium dioxide ceramic copings. Acta Odontol Scand , 66 (4), 214-8.
6. McLean, J., & von Fraunhofer, J. (1971). The estimation of cement film thickness by an in vivo technique. Br Dent J , 131 (3), 107-11.
7. Tsirogiannis, P., Reissmann, D., & Heydecke, G. (2016). Evaluation of the marginal fit of single-unit, complete-coverage ceramic restorations fabricated after digital and conventional impressions: A systematic review and meta-analysis. J Prosthet Dent , 116 (3), 328-35.

L'articolo è stato pubblicato su Cad/Cam Italian Edition, aprile 2017.

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